8 Agosto 2006, Dante’s View, Death Valley, Zabriskie Point, Golden Canyon, Bad Water, Belley, Las Vegas

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Zabriskie Point è chiusa alle auto ma Dante’s View (l’altra vetta panoramica sulla valle) è aperta e ci arrampichiamo, sempre in auto, mi raccomando, fino in cima.

Intorno a noi inizia ad albeggiare e l’aura mattutina delinea man mano i contorni delle montagne, delle rocce, della valle e del… deserto.

La Death Valley è comunque un parco nazionale e quindi denso di luoghi di interesse, ordinatamente segnalati a beneficio del turista. Gli americani ci tengono molto ai loro parchi, lo abbiamo potuto notare già presso lo Yosemite, e l’ordine e l’organizzazione è di altissimo livello ovunque. Passiamo da Zabriskie Point, facciamo una breve passeggiata nella Golden Canyon. Qui a tutti viene in mente la medesima scena di Star Wars, ovvero quando Luke Skywalker incontra per la prima volta Obi Wan Kenobi. Sentivamo su di noi gli occhi indiscreti degli Ewoks. Sarà il caldo che inizia a fare strano scherzi?

Bad Water è un lago salato e rappresenta il punto più basso del parco a 85 metri sotto il livello del mare. Conseguentemente è anche il punto più caldo, sebbene oramai 41°C non ci sorprendono più
di tanto.

Usciti dalla Death Valley entriamo nello stato del Nevada, diretti a Las Vegas. Superato di poco il
confine di stato ci fermiamo per un pranzo veloce ad una “gas station” di Belley. Apprendiamo però che in Nevada i tempi sono dilatati e così per sfornare 3 pizze ci vuole più di un’ora, per non parlare del tempo necessario alla cassiera per dividere il totale del conto per sei.

Usando la calcolatrice.

Questa è davvero la prima potenza al mondo? Escludendo una toccata e fuga a Rhyolite (una ghost town alquanto deludente), raggiungiamo Las Vegas dopo una tirata di diverse ore nel deserto. L’albergo che abbiamo prenotato è lo Stratosphere, sulla centralissima “Strip”. Vegas è proprio una città assurda, una metropoli nel mezzo del deserto, oppressa dal caldo e da un traffico che non si sa da dove inizia e dove finisce. C’è. Fa parte dello spettacolo?

Percorrere la Strip è come attraversare un set cinematografico. Intorno a noi solo alberghi che sembrano finti, come un enorme parco tematico. Anche la gente sembra finta, o perlomeno comparse nel film in cui siamo entrati. Nel parcheggio dello Stratosphere tocchiamo un nuovo record: 47°C. Ma è lo sbalzo di temperatura tra spazi chiusi e spazi aperti che rende il caldo particolarmente insopportabile.

Il resto del pomeriggio rimane abbastanza privo di significato visto che lo passiamo nella lavanderia dell’albergo tra lavatrici e asciugatrici che sembrano solo peggiorare lo stato pietoso dei nostri vestiti. Alla sera visitiamo un paio di casino (tra cui il Flamingo che si dice essere tra i primi nella storia della città) e ci fermiamo a mangiare un boccone nel Caesar’s Palace. Riusciamo anche a passare dal Bellagio (che a mio avviso non ha nulla a che fare con la cittadina sul lago) prima di crollare nelle stanze esausti.

TransAmericana Discovery 2006

7 Agosto 2006, Groveland, Tuolumne Grove, Yosemite, Mono Lake, Death Valley

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Stamattina la partenza è un attimino più soft, destinazione Yosemite.

Strada facendo ci fermiamo a Groveland, un piccolo paesino in mezzo ai boschi, per fare rifornimento di carburante e un po’ di spesa. Cogliamo l’occasione per sgranchirci un po’ le gambe e fare un giro del paese. E’ un paesino splendido, piccolo, circondato da un fitto bosco di conifere, con un Saloon (purtroppo chiuso) e un piccolo ma fornitissimo supermercato.

Passiamo davanti anche alla locale caserma dei pompieri, con i loro mezzi in bella vista, lucidati a nuovo. Tutte le cromature anni ’50 non possono restare ignorate! Ed eccoci tutti in bella mostra a fare le foto di rito. In breve tempo si avvicina uno dei pompieri, un ragazzone molto timido ma anche molto gentile e disponibile. Ci lascia salire sui mezzi e, in poche parole, fare gli asini come oramai è il nostro solito. Giusto per esemplificare la situazione: non si fa pregare troppo prima di far partire la sirena. Il gruppo esulta estasiato!

Okay, anche qui abbiamo lasciato il nostro segno, proseguiamo verso lo Yosemite alla ricerca delle sequoie. Il vero parco con le sequoie giganti è il Sequoia National Park ma è ahinoi un po’ troppo fuorimano rispetto al nostro percorso di massima. Poco male, al Tuolumne Grove troviamo degli ottimi esemplari. La visita è una breve passeggiata ad anello tra giganteschi alberi millenari. D’altra parte stiamo iniziando a prendere il nostro stile americano e diffidare di ciò che non può essere raggiunto in auto.

Proseguiamo addentrandoci nel parco lungo la Yosemite Valley e ci fermiamo a fare un pranzo picnic lungo il Merced, un piccolo fiume che se snoda tra imponenti rocce dai panorami mozzafiato su valli e colline di conifere. Un paesaggio alpino caro a noi italiani. Solo decisamente più vasto. Si consideri che lo Yosemite copre un’area di 3.081 kmq, pari al praticamente alla Val D’Aosta. Risaliamo il fiume e raggiungiamo le Yosemite Falls, una cascata in due “salti” punto di attrazione centrale del parco. Qui la natura risulta ben più contaminata dal turismo con numerosissimi parcheggi, veicoli da tutte le parti, gran moltitudine di turisti e percorsi pedonali dove l’asfalto e il cemento hanno, a nostro avviso, sminuito la bellezza del luogo. Le cascate sono comunque spettacolari, anche qui reminiscenti delle loro sorelle (più piccole!) che possiamo trovare in primavera tra le alpi. La giornata riserva ancora numerose tappe e una bella distanza da coprire, quindi non possiamo attardarci più di tanto nell’ammirare questi luoghi ma dobbiamo rimetterci in moto.

Raggiungiamo la zona più alta del parco, dove le conifere lasciano il posto ad aree quasi-desertiche e superati i 3000m di quota sfioriamo addirittura dei piccoli avanzi di neve e ghiaccio! Conquistata la vetta scendiamo lungo il versante orientale fino a raggiungere Mono Lake. Qui ci fermiamo per la cena e festeggiamo il compleanno di Gianluca (fa fede il fuso orario italiano). Ma stasera non si dorme. Ci siamo posti l’obiettivo di godere l’alba dai punti panoramici lungo la Death Valley. Alternandoci alla guida percorriamo la strada che manca nelle ore notturne, rischiarate anche se debolmente dalla luna piena.

La sensazione è indescrivibile.

Raggiungiamo la Death Valley da nord-ovest ad una altitudine intorno ai 3000 piedi. E’ notte fonda e il termometro dell’auto segna 20°C. Proseguendo nel buio totale scendiamo verso il fondo della valle. Intorno a noi il nulla, nemmeno lungo la strada incontriamo altri veicoli. Ogni tanto appare qualche cartello informativo che segnala i pericoli del luogo dovuti al calore e indicazioni altimetriche. Per il resto è solo buio totale. Chi non dorme si tiene compagnia con i Walkie-talkie e con le voci dei compagni autisti sembra quasi farsi coraggio in questo breve passaggio nell’aldilà. Scendiamo a 0 piedi sul livello del mare. Il termometro segna l’impossibile: 36°C alle 3 di mattina. Siamo circondati dal vuoto. Non una luce, non un’auto, non un animale notturno. Ci fermiamo e scendiamo per pochi minuti, quasi a farci coraggio tra noi.

Poi di nuovo a salire sul lato opposto e la temperatura torna a scendere.

TransAmericana Discovery 2006