9 Agosto 2008, Ruacana, Kunene River Lodge, Epupa Falls

Kunene River Lodge

Quella che altrimenti sarebbe stata una notte di morbido riposo viene interrotta bruscamente verso le due di mattina. Siamo tutti in allarme, svegliati dalla voce di Genny che urla “ci hanno rubato la borsa“! Accidenti è vero, mancano le borse di Genny e Giorgio… ma anche quelle di Massimo e di Fabrizio! Dentro di queste c’erano tutti i loro vestiti!

Maledetti!

Purtroppo abituati alla tranquillità del parco Etosha (nonché della madrepatria…) abbiamo lasciato le borse all’aperto in bella vista, in un campeggio non custodito dotato di una recinzione abbastanza “simbolica“.

L’unico mio sollievo personale è che grazie al mio disordine i ladri non avevano tempo (o voglia…) di riassemblare la mia borsa aperta e sparsa da tutte le parti. Hanno giustamente preferito portar via quelle ben chiuse.

Dopo poco arriva il “sergente di polizia” (un ragazzo ventenne in una Golf vecchissima) e più tardi anche il padrone del campeggio, un ex-colono tedesco incazzato come solo loro sono capaci.Nella luce del mattino ritroviamo sparsi tra i cespugli alcuni indumenti scartati, quasi sempre di Giorgio che riesce così a racimolare qua e là quello che gli serve per qualche giorno di bush ancora. Per gli altri c’è la piccola consolazione di un bazar di vestiti e scarpe a Ruacana, tutto spesato dal proprietario del campeggio.

Ah! Mancano i miei walkie-talkie!

Maledetti!

Cerchiamo di archiviare il fatto quanto più rapidamente possibile e ci dirigiamo verso Epupa Falls seguendo uno sterrato tortuosissimo che corre lungo il fiume Kunene. La guida è davvero ardua su queste insidiose carrettiere che alternano guadi a dossi rocciosi e cunette sabbiose e più volte perdiamo il controllo dei mezzi sbandando o rimanendo bloccati.

Dopo quella che sembra essere una infinità di chilometri trascorsi con la sola compagnia del fiume che scorre alla nostra destra arriviamo al Kunene River Lodge, una oasi di bellezza e tranquillità, immersa nel verde e decorata di numerosissime varietà di fiori tropicali dai colori inverosimilmente splendidi.

Ahh! Basta, ci ferimamo qui.

E invece no! La strada da fare è ancora lunga, quindi giusto il tempo di una cider e via di nuovo, questa volta su lunghissimi rettilinei nel bush senza interruzioni né pause, se non per un veloce pranzo al sacco…

Stiamo entrando nella terra degli Himba, un popolo che abita queste terre dimenticate da Dio e per lungo tempo ignorate dagli sforzi di colonizzazione e, per fortuna, dallo sfrenato desiderio degli europei di indottrinare i popoli indigeni alla fede cristiana.

Gli Himba vivono qui, in capanne di terra e rami, vestiti solo di piccole pelli e tantissimi piccoli gioielli di metallo, ossa e legno. Ora però dove non sono giunti i missionari sono arrivati i turisti portando non più la parola di dio ma il richiamo ineludibile del denaro, del mercato, del desiderio…

Per strada vi è un susseguirsi di banchetti pieni di oggettini di artigianato e intere famiglie di madri e bambini invadono la strada nella speranza di fermarci ed attirarci nei loro mercatini.

Noi no, non ci fermiamo. Fermarsi ora sarebbe un disastro visto che manca comunque un bel pezzo di strada, si sta facendo tardi e alle Epupa Falls non ci sono campeggi immensi.

Finalmente oltre l’ennesima collinetta una oasi di palme e di verde in mezzo a tanta arida terra. Epupa!

Il nostro campeggio è letteralmente sul fiume appena sopra le cascate, in una cornice splendida. Sopra di noi le grandi foglie delle palme, davanti il fiume, oltre l’Angola (resa ancora più mistica e paurosa data l’esperienza notturna) e ovunque il rumore delle rapide e delle cascate.

Assembliamo il campo e ceniamo con una italica pasta al sugo.

Ahh! Basta, ci ferimamo qui?

Sì, questa volta sì, per ben due notti!

Il campeggio è molto semplice e ben organizzato. Uno scheletrico individuo con in mano una cartelletta e una penna tiene in ordine il campo (più o meno) indirizzando i vari gruppi tra le palme. I bagni sono minimali, giusto una turca in un cubicolo di canne a cielo aperto, senza privacy di alcun tipo e le docce sono uguali, con l’acqua calda riscaldata da caldaie a legna poste appena al di fuori. Il principio è molto frugale: se vuoi la doccia calda, assicurati che vi sia legna nella caldaia!

Le borse sono al sicuro nelle auto, il sole tramonta in fretta ed è già notte.

Namibia 2008

8 Agosto 2008, Ondangwa, Oshakati, Outapi, Ruacana

Ruacana, Angola

Smontiamo le tende ed usciamo da Etosha, diretti verso nord.

Il panorama cambia moltissimo: scarsa vegetazione, quasi desertica, e tanti villaggi e piccole fattorie. C’è tanta povertà e le abitazioni sono delle minuscole casette di mattoni e lamiera, inserite in terre aride dedicate all’allevamento di bovini ed asini (tanti asini…).

Lungo la strada superiamo un paio di posti di blocco, le autorità non ci fanno problemi ma ci ricordano che la zona è piena di delinquenti che, fingendosi autorità, distraggono i turisti e li derubano. Gulp!

A Ondangwa e Oshakati facciamo un paio di stop per la spesa e un pranzo veloce, avendo sempre cura di lasciare alcuni del gruppo a tenere d’occhio le auto.

Vicino a Outapi visitiamo il “famoso baobab” che però non si distingue né per bellezza né per dimensione (anche se le guide, su questo, dicono altro). Pare tuttavia che la virtù principale derivi dal fatto che al suo interno vi sia una minuscola cappella (cristiana).

Altro pranzo on-the-road e in breve tempo siamo a Ruacana dove c’è un campeggio per noi. Il campeggio è davvero splendido, con l’erba nella piazzola, un bel panorama (siamo su una collina) e nessun’altro a dar fastidio.

Facciamo un giro in valle, verso il fiume Kunene, per visitare la “Hippo pool” della quale non vi è traccia. La strada tuttavia ci offre panorami splendidi, sotto il sole al tramonto con una ricca vegetazione e là, in fondo, oltre il fiume… l’Angola!

Di nuovo in campeggio una ottima grigliata e ci corichiamo.

Namibia 2008