22 e 23 Agosto 2008, Windhoek

Itinerario

Al mattino smontiamo il campo (per l’ultima volta!) e proseguiamo lungo la Cape Namibia Route dritti dritti verso nord. 300km passano in fretta e in breve tempo chiudiamo il grande anello a Windhoek, al Chameleon Guest House. Poco fuori Windhoek c’è un ultimo piccolo parco visitabile, il Daan Viljoen Park dove decidiamo di pranzare, non appena restituito il materiale da campeggio alCamping Hire Namibia.

Ora, è inutile tentare di sottostimare la precisione tedesca di Maike e Frauke, quindi ammettiamo subito di aver distrutto una delle loro casse di metallo (a Sesfontein, durante una manovra repentina…) ma decidiamo di giocare la carta del baratto, promemoria che gli italiani, in quanto a commercio, la sanno lunga. Avendo Genny già deciso a inizio viaggio di non riportare in Italia la sua tenda, piuttosto che buttarla proviamo quindi ad offrirla alle crucche come risarcimento per il danno. Dopo avercela fatta montare, ispezionano la tenda (mai fidarsi dei latini…) e accettano il baratto!

Non ho molto da dire sul parco Daan Viljoen. Non solo è un parco con pochissimi animali, ancor meno turisti e priva praticamente di personale, ma dopo Etosha è assai difficile trovarne all’altezza se non mirando sulle grandi riserve sud-africane o kenyote.

Ad ogni modo percorriamo un lungo percorso a piedi risalendo il greto secco di un ruscello fino ad una piccola diga.

Per la cena ci facciamo suggerire dal personale del Chameleon e ci dirigono a La Marmite. Strano, non è citata sulla Lonely Planet, ma questo non fa testo, la Lonely Namibia fa davvero pena talmente è poco aggiornata e la conferma la abbiamo ancora una volta quando scopriamo che “La Marmite” occupa lo stesso indirizzo di un locale dalla descrizione simile e stra-raccomandato dagli autori della Lonely. Se non altro però è una rassicurazione in più, no?

Comunque confermiamo le ottime recensioni alla fine di uno splendido pasto seduti su panche di tronco lungo una lunga e stretta tavolata nel cortile sul retro in una bellissima ambientazione africana (Hey! Ma siamo già in Africa!).

Il Chameleon sarà anche una Guest House per “backpackers” ma una stanza in muratura con un letto fatto e un bagno privato è comunque lusso sfrenato.

Il giorno del 23 viene dedicato allo shopping tra gli infiniti negozi e bancarelle alla ricerca della migliore contrattazione su pezzi di legno intagliati e decorati a mano, poi rimettiamo insieme i bagagli e ci facciamo portare all’aeroporto.

Quando chiamano il nostro volo è sera, fuori è tramonto e mentre ci accodiamo al gate i negozi della sala d’attesa chiudono. Il nostro è l’ultimo volo.

Il mattino dopo siamo di nuovo a Frankfurt e poi in Italia. Con tanta sabbia negli zaini, tante foto, tante belle esperienze… e poca abbronzatura.

E una sola scarpa da trekking. Maledetti sciacalli.

Namibia 2008

4 Agosto 2008, Windhoek, Gross Barmen

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Albeggia su un orizzonte piattissimo, sotto un cielo perfettamente limpido e l’aereo inizia la sua discesa. Da finestrini finalmente vedo questa Africa che tanto fa paura e tanto affascina. Nella luce rossa dell’aurora intravedo sotto le ali una vastissima distesa di “bush”, una terra rossa e arida sparsa di cespugli e piccoli arbusti. Spaziati l’uno dall’altro, non ammassati tra loro. Segni di vita umana: zero. Non una casa, non una strada, nemmeno un sentiero. Niente.

Eppure l’aereo si abbassa sempre più. Strano, dovremmo vedere un qualche hangar oramai, o perlomeno un parcheggio… un segno di vita…! Siamo a poche decine di metri d’altezza ma ancora nulla… stiamo atterrando! Nulla! Solo cespugli e arbusti e terra e spazio e la luce del mattino e le ombre lunghe e… Nulla!?

All’ultimissimo momento ecco una recinzione e l’asfalto. Sono arrivati giusto in tempo. Tocchiamo terra. In Africa.

E il terminal?

L’aeroporto di Windhoek è piccolissimo e c’è solo il nostro aereo sul piazzale. Scendiamo dalle scalette ma dobbiamo raggiungere il “terminal” a piedi. Nessuno rischio di sbagliarsi però, almeno 20 uomini e donne addetti alla sicurezza fanno sì che nessuno devii dal percorso assegnato. Urka!

Controllo passaporti, coda interminabile (hey, non siamo mica in Europa!) timbro e poi svoltato l’angolo ecco il ritiro bagagli con un paio di miseri nastri pieni di valige. Ah, e uno sportello per denunciare le armi… con tanto di turisti in divisa kaki con accento tedesco che svolgono le pratiche… stiamo scherzando vero?

Non capisco come mai ma la mia valigia sia già stata tolta e appoggiata di lato. Della tenda invece non c’è traccia. Porcamiseria ed io che sono stato a preoccuparmi del peso! E questi decidono di alleggerirmi a forza? Maledetti! Denuncia di rito e poi boh, come diavolo me la spediranno? Dove? Mi rassegno intanto: niente tenda, mi tocca alla fine noleggiarla.

Maledetti.

Un attimo dopo e siamo fuori dall’aeroporto al ritiro delle auto a noleggio. Abbiamo tre bellissime Hyundai nuove e comode ma con un bagagliaio piccolissimo! Riusciamo a fatica a farci stare le borse… ma dobbiamo ancora andare a ritirare l’attrezzatura da campeggio!
La coordinatrice striglia l’addetto Europcar poiché noi abbiamo richiesto dei pick-up e non importa quanto queste siano più comode e veloci, noi non abbiamo posto per nulla! Alla fine la promessa è di farcele avere per sera, non appena rientrano dal Sud Africa (?!). Okay, tutti a bordo e partiamo per Windhoek.

Le strade sono buone caspita! Asfaltate, dritte, larghe, con pochissimo traffico. Sicuri che ci servono i pick-up?

In Windhoek il paesaggio cambia, ora siamo in una cittadina dall’aspetto decisamente europeo, ci sono case in muratura con tetti spioventi, giardini, scuole, chiese. Le strade hanno nomi tedeschi o inglesi ma la “Robert Mugabe Drive” ci ricorda che l’apparenza qui inganna. La Namibia è sì pacifica, democratica e moderna, ma non dista molto né dallo Zimbabwe né dall’Angola. E il vicino Sud Africa ultimamente è stato teatro di qualche situazione violenta. D’altronde, infatti, queste belle casette hanno delle recinzioni impressionanti, spesso con filo spinato o addirittura elettrificazioni.

Arriviamo alla “Camping Hire Namibia” dove prenoteremo tutta l’attrezzatura necessaria per il viaggio. Qui Maike e Frauke, due donne di chiara origine e impronta tedesca ci preparano l’occorrente (comprese sedie pieghevoli e tavoli!) in attesa dell’arrivo dei pick-up promessi. Un breve stop al “Chameleon” e si parte, direzione Gross Barmen, verso nord, sulla via per il parco Etosha.

Verso le 14 arriviamo a Gross Barmen, un centro termale nel mezzo del nulla. Montiamo le tende (in uno spiazzo di terra battuta) e ci avviciniamo alla zona ristorante. È troppo tardi per il ristorante ma la “zia Weezie” ci può preparare dei hot-dog. Non ci siamo ancora allineati allo stile di vita africano ed al clima vacanziero e inconsciamente ci attendiamo un trattamento ultra-rapido e puntuale degno delle migliori trattorie nostrane. Qui no. Zia Weezie prende i nostri ordini un po’ per volta, con la giusta calma, poi sparisce in cucina per poi riemergere una vita dopo, con i nostri hot-dog stracolmi di ketchup e senape.
Visto il livello di organizzazione e considerando che siamo gli unici ospiti pensiamo di portarci avanti e prenotare già subito per la cena, mossa questa che ci assicura le corrette quantità (industriali) di carne bovina e di selvaggina.

Il pomeriggio prosegue stancamente alternando tra la piscina termale (bollente) e la piscina esterna (gelida) fino al tramonto quando convergiamo tutti sul ristorante. Ceniamo a base di ottimi T-bone steak (carne di manzo) e Wild steak (carne di orice) per poi tornare alle tende, al tramonto, dove poco più tardi entriamo in possesso delle nuove macchine! E che macchine! Sono i mitici HiLux della Toyota!

Al calar del sole verifichiamo cosa significa trovarsi in una zona quasi-desertica, a circa 1200 metri di altitudine: fa maledettamente freddo. Dormo a fatica, vestito con due o tre strati, nel sacco a pelo sigillato, con un compagno di tenda che russa allegramente.

Namibia 2008