London 2012: l’arrivo

La sveglia squilla alle 2.30. Nonostante abbia impostato il più delicato e morbido brano della mia collezione “chillout” , nel mezzo della notte suona come una deflagrazione di artiglieria bellica degna delle più ardite campagne carsiche.

Sveglio alle 2.30. Pronto in macchina già prima delle 3.00, un record.

Facile, basta non lavarsi e saltare la colazione visto che in fondo ho dormito poco più che un’oretta.

Raggiungo in breve tempo Malpensa. Ah, se le strade fossero sempre così libere! Il parcheggio mezzo pieno sembra avvolto in un’aura di malinconia. Auto abbandonate dai loro padroni, fuggiti verso chissà quali mete lontane. Saluto anch’io la mia Alfa. Mentre sarò in viaggio lei sarà qui, abbandonata sotto il sole, io al fresco. Spero. Chiudo e verifico. Ri-verifico. Non c’è peggior situazione che trovarsi in volo e chiedersi “l’ho chiusa?”. Ri-verifico.

Malpensa, 4 di mattina. Fuori non c’è un’anima. Dentro c’è il mondo. I banchi check-in di EasyJet sono assediati da centinaia di giovani e meno giovani, con bagagli di ogni forma e colore, tutti ansiosi di andarsene via e dare un giusto significato alla parola vacanze!

Il mio volo è alle 7.40. Il check-in dura poco, l’attesa per l’imbarco un’eternità, ma alla fine, stretti come sardine in sedili non reclinabili, si può partire, perfettamente in orario. Brava Easyjet!

Lo staff di bordo non disturba più del necessario e riesco pure ad appisolarmi, forse anche aiutato dalle esalazioni orali del mio vicino di posto. Alzarsi presto il mattino non implica non lavarsi i denti per una settimana prima della partenza. Apro al massimo gli ugelli dell’aria e mi avvolgo nella maglia.

A Gatwick mi preparo al peggio, si dice vi siano lunghe code al controllo passaporti e non mi sono dato molto tempo: tra dogana e ritiro bagaglio rischio di perdere il pullman per Londra.

Ovviamente le dicerie ammontano ad atti di zizzania terroristica: controllo passaporti superato un meno di un minuto (secondo della fila e controllo automatizzato); bagaglio subito pronto sul nastro. Bene, un’altra ora di attesa per il pullman? Ma vaaa…!

Gli Inglesi, maledetti loro, sono efficienti. Alla fermata dei bus c’è un’addetta con una cartella in mano, dei tabulati e l’aria di chi ha la situazione sotto controllo. “Posso salire sul pullman delle 9.15? Ho prenotato per il 10.15″ … “Assolutamente, vai tranquillo”.

Piango.

Il viaggio in pullman costa la metà del treno e ci mette il doppio. Perfetta proporzione. Facendosi strada verso il centro di Londra, scorrono fuori dai finestrini paesini via via più popolati e grandi. Noto che gli inglesi devono avere come una passione feticista per le bandiere: ce ne sono a centinaia! Ovunque! Credo che il UK detenga il più alto numero di bandiere pro capite del mondo, peggio degli americani. Ed è un bel risultato!

Bene, il tempo di marcia procede a dovere. Tutto perfettamente in orario (c’era da dubitarlo?) e anzi, addirittura in anticipo rispetto alle previsioni più ottimistiche. Manca un solo “ostacolo” e sono libero: la Oyster card. Ci sarà fila? Sarà una procedura lunga?

Alla “Tube Station” di Victoria c’è in effetti una lunga fila allo sportello informazioni. Ma questa è Londra e siamo sotto l’olimpiade, ergo ci sono una decina di simpatiche signore in divisa olimpica dotate di cartelle con appunti, volantini e tanta voglia di aiutare. Chiedo per la Oyster card e mi indicano una macchinetta automatica. Zero fila. Gosh!

L’interfaccia della macchinetta farebbe invidia pure a Steve Jobs: “vuoi una nuova card?” “quanti pounds vuoi caricare?” “inserisci la carta di credito” “ritira la tua Oyster, buon viaggio”. Tempo totale: neanche un minuto.

Piango

 

8:33 pm London 2012
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