10 Agosto 2008, Epupa Falls

Himba

Una guida locale ci porta in visita nei villaggi Himba.

Il primo si trova prendendo una piccola traversa della strada principale (quella di ieri) ed è composta da 4 piccole capanne a cupola in un recinto di cespugli secchi.

Il recinto non è come ce lo potremmoaspettare, fatto a palizzata, innanzitutto perché in zona di alberi ce ne sono pochi e in secondo luogo perché il fine del recinto non è tanto di proteggere dall’esterno quanto più mantenere le bestie all’interno!

Gli Himba si dedicano infatti principalmente all’allevamento di capre, qualche gallina e forse un paio di mucche. Giungiamo al mattino e le bestie sono rinchiuse in due recinti più piccoli: da una parte gli animali adulti, dall’altra i cuccioli.

Sotto una tettoia la madre anziana è seduta con i bambini e altre donne. Gli uomini (anzi, il capo famiglia, o chief) non c’è, è in giro a caccia o con altri animali al pascolo.

La guida ci illustra la loro struttura sociale che noi uomini del gruppo non possiamo che invidiare! Le donne sono le mogli del chief, sono tutte bellissime e giovanissime. I bambini sono anche bellissimi e molto simpaticie lavorano sodo stando dietro alle bestie. Le capanne minute sono al loro interno molto spaziose perché assai spartane: giusto il pavimento duro dove dormire e alcuni oggetti personali agli angoli o fissati nei rami nelle pareti.

La guida ci chiede di non girare liberamente nel villaggio per non offendere in alcun modo i padroni o comunque per non invadere i loro spazi. In particolar modo ci è vietato passare tra l’ingresso della capanna del chief e il “fuoco sacro” posto nel mezzo del campo.

Lasciamo all’anziana donna (mi pare sia la sorella del chief) qualche dono acquistato al mini-market di Epupa e andiamo ad un altro villaggio.

Questo villaggio rimane più a ridosso della strada principale ed ha la particolarità di non avere un recinto. La guida ci spiega che diversi anni fa una tromba d’aria distrusse il recinto e gli abitanti lo interpretarono come un desiderio dei loro antenati. Da allora quindi non hanno più eretto recinti attorno alle capanne.

A Epupa c’è un minuscolo minimarket con qualche carne in scatola e della frutta con cui pranziamo e al pomeriggio seguiamo la “crocodile trail” lungo il fiume.

Di coccodrilli neanche l’ombra (forse è meglio così) ma in compenso un sacco di natura tropicale e una colonia di babbuini. Se avessimo assoldato una guida, pare, avremmo pure visto i coccodrilli. Evidentemente rimarremo nel dubbio.

Namibia 2008

9 Agosto 2008, Ruacana, Kunene River Lodge, Epupa Falls

Kunene River Lodge

Quella che altrimenti sarebbe stata una notte di morbido riposo viene interrotta bruscamente verso le due di mattina. Siamo tutti in allarme, svegliati dalla voce di Genny che urla “ci hanno rubato la borsa“! Accidenti è vero, mancano le borse di Genny e Giorgio… ma anche quelle di Massimo e di Fabrizio! Dentro di queste c’erano tutti i loro vestiti!

Maledetti!

Purtroppo abituati alla tranquillità del parco Etosha (nonché della madrepatria…) abbiamo lasciato le borse all’aperto in bella vista, in un campeggio non custodito dotato di una recinzione abbastanza “simbolica“.

L’unico mio sollievo personale è che grazie al mio disordine i ladri non avevano tempo (o voglia…) di riassemblare la mia borsa aperta e sparsa da tutte le parti. Hanno giustamente preferito portar via quelle ben chiuse.

Dopo poco arriva il “sergente di polizia” (un ragazzo ventenne in una Golf vecchissima) e più tardi anche il padrone del campeggio, un ex-colono tedesco incazzato come solo loro sono capaci.Nella luce del mattino ritroviamo sparsi tra i cespugli alcuni indumenti scartati, quasi sempre di Giorgio che riesce così a racimolare qua e là quello che gli serve per qualche giorno di bush ancora. Per gli altri c’è la piccola consolazione di un bazar di vestiti e scarpe a Ruacana, tutto spesato dal proprietario del campeggio.

Ah! Mancano i miei walkie-talkie!

Maledetti!

Cerchiamo di archiviare il fatto quanto più rapidamente possibile e ci dirigiamo verso Epupa Falls seguendo uno sterrato tortuosissimo che corre lungo il fiume Kunene. La guida è davvero ardua su queste insidiose carrettiere che alternano guadi a dossi rocciosi e cunette sabbiose e più volte perdiamo il controllo dei mezzi sbandando o rimanendo bloccati.

Dopo quella che sembra essere una infinità di chilometri trascorsi con la sola compagnia del fiume che scorre alla nostra destra arriviamo al Kunene River Lodge, una oasi di bellezza e tranquillità, immersa nel verde e decorata di numerosissime varietà di fiori tropicali dai colori inverosimilmente splendidi.

Ahh! Basta, ci ferimamo qui.

E invece no! La strada da fare è ancora lunga, quindi giusto il tempo di una cider e via di nuovo, questa volta su lunghissimi rettilinei nel bush senza interruzioni né pause, se non per un veloce pranzo al sacco…

Stiamo entrando nella terra degli Himba, un popolo che abita queste terre dimenticate da Dio e per lungo tempo ignorate dagli sforzi di colonizzazione e, per fortuna, dallo sfrenato desiderio degli europei di indottrinare i popoli indigeni alla fede cristiana.

Gli Himba vivono qui, in capanne di terra e rami, vestiti solo di piccole pelli e tantissimi piccoli gioielli di metallo, ossa e legno. Ora però dove non sono giunti i missionari sono arrivati i turisti portando non più la parola di dio ma il richiamo ineludibile del denaro, del mercato, del desiderio…

Per strada vi è un susseguirsi di banchetti pieni di oggettini di artigianato e intere famiglie di madri e bambini invadono la strada nella speranza di fermarci ed attirarci nei loro mercatini.

Noi no, non ci fermiamo. Fermarsi ora sarebbe un disastro visto che manca comunque un bel pezzo di strada, si sta facendo tardi e alle Epupa Falls non ci sono campeggi immensi.

Finalmente oltre l’ennesima collinetta una oasi di palme e di verde in mezzo a tanta arida terra. Epupa!

Il nostro campeggio è letteralmente sul fiume appena sopra le cascate, in una cornice splendida. Sopra di noi le grandi foglie delle palme, davanti il fiume, oltre l’Angola (resa ancora più mistica e paurosa data l’esperienza notturna) e ovunque il rumore delle rapide e delle cascate.

Assembliamo il campo e ceniamo con una italica pasta al sugo.

Ahh! Basta, ci ferimamo qui?

Sì, questa volta sì, per ben due notti!

Il campeggio è molto semplice e ben organizzato. Uno scheletrico individuo con in mano una cartelletta e una penna tiene in ordine il campo (più o meno) indirizzando i vari gruppi tra le palme. I bagni sono minimali, giusto una turca in un cubicolo di canne a cielo aperto, senza privacy di alcun tipo e le docce sono uguali, con l’acqua calda riscaldata da caldaie a legna poste appena al di fuori. Il principio è molto frugale: se vuoi la doccia calda, assicurati che vi sia legna nella caldaia!

Le borse sono al sicuro nelle auto, il sole tramonta in fretta ed è già notte.

Namibia 2008