7 Agosto 2006, Groveland, Tuolumne Grove, Yosemite, Mono Lake, Death Valley

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Stamattina la partenza è un attimino più soft, destinazione Yosemite.

Strada facendo ci fermiamo a Groveland, un piccolo paesino in mezzo ai boschi, per fare rifornimento di carburante e un po’ di spesa. Cogliamo l’occasione per sgranchirci un po’ le gambe e fare un giro del paese. E’ un paesino splendido, piccolo, circondato da un fitto bosco di conifere, con un Saloon (purtroppo chiuso) e un piccolo ma fornitissimo supermercato.

Passiamo davanti anche alla locale caserma dei pompieri, con i loro mezzi in bella vista, lucidati a nuovo. Tutte le cromature anni ’50 non possono restare ignorate! Ed eccoci tutti in bella mostra a fare le foto di rito. In breve tempo si avvicina uno dei pompieri, un ragazzone molto timido ma anche molto gentile e disponibile. Ci lascia salire sui mezzi e, in poche parole, fare gli asini come oramai è il nostro solito. Giusto per esemplificare la situazione: non si fa pregare troppo prima di far partire la sirena. Il gruppo esulta estasiato!

Okay, anche qui abbiamo lasciato il nostro segno, proseguiamo verso lo Yosemite alla ricerca delle sequoie. Il vero parco con le sequoie giganti è il Sequoia National Park ma è ahinoi un po’ troppo fuorimano rispetto al nostro percorso di massima. Poco male, al Tuolumne Grove troviamo degli ottimi esemplari. La visita è una breve passeggiata ad anello tra giganteschi alberi millenari. D’altra parte stiamo iniziando a prendere il nostro stile americano e diffidare di ciò che non può essere raggiunto in auto.

Proseguiamo addentrandoci nel parco lungo la Yosemite Valley e ci fermiamo a fare un pranzo picnic lungo il Merced, un piccolo fiume che se snoda tra imponenti rocce dai panorami mozzafiato su valli e colline di conifere. Un paesaggio alpino caro a noi italiani. Solo decisamente più vasto. Si consideri che lo Yosemite copre un’area di 3.081 kmq, pari al praticamente alla Val D’Aosta. Risaliamo il fiume e raggiungiamo le Yosemite Falls, una cascata in due “salti” punto di attrazione centrale del parco. Qui la natura risulta ben più contaminata dal turismo con numerosissimi parcheggi, veicoli da tutte le parti, gran moltitudine di turisti e percorsi pedonali dove l’asfalto e il cemento hanno, a nostro avviso, sminuito la bellezza del luogo. Le cascate sono comunque spettacolari, anche qui reminiscenti delle loro sorelle (più piccole!) che possiamo trovare in primavera tra le alpi. La giornata riserva ancora numerose tappe e una bella distanza da coprire, quindi non possiamo attardarci più di tanto nell’ammirare questi luoghi ma dobbiamo rimetterci in moto.

Raggiungiamo la zona più alta del parco, dove le conifere lasciano il posto ad aree quasi-desertiche e superati i 3000m di quota sfioriamo addirittura dei piccoli avanzi di neve e ghiaccio! Conquistata la vetta scendiamo lungo il versante orientale fino a raggiungere Mono Lake. Qui ci fermiamo per la cena e festeggiamo il compleanno di Gianluca (fa fede il fuso orario italiano). Ma stasera non si dorme. Ci siamo posti l’obiettivo di godere l’alba dai punti panoramici lungo la Death Valley. Alternandoci alla guida percorriamo la strada che manca nelle ore notturne, rischiarate anche se debolmente dalla luna piena.

La sensazione è indescrivibile.

Raggiungiamo la Death Valley da nord-ovest ad una altitudine intorno ai 3000 piedi. E’ notte fonda e il termometro dell’auto segna 20°C. Proseguendo nel buio totale scendiamo verso il fondo della valle. Intorno a noi il nulla, nemmeno lungo la strada incontriamo altri veicoli. Ogni tanto appare qualche cartello informativo che segnala i pericoli del luogo dovuti al calore e indicazioni altimetriche. Per il resto è solo buio totale. Chi non dorme si tiene compagnia con i Walkie-talkie e con le voci dei compagni autisti sembra quasi farsi coraggio in questo breve passaggio nell’aldilà. Scendiamo a 0 piedi sul livello del mare. Il termometro segna l’impossibile: 36°C alle 3 di mattina. Siamo circondati dal vuoto. Non una luce, non un’auto, non un animale notturno. Ci fermiamo e scendiamo per pochi minuti, quasi a farci coraggio tra noi.

Poi di nuovo a salire sul lato opposto e la temperatura torna a scendere.

TransAmericana Discovery 2006

6 Agosto 2006, San Francisco

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Anche oggi diamo inizio alla giornata con una lauta colazione, dai sapori e colori indescrivibili (il che vuol dire che non sappiamo bene cosa abbiamo mangiato, ma ne valeva sicuramente la pena).

Il resto della giornata viene dedicato a San Francisco, per visitare i luoghi più importanti. Da Union Square prendiamo una cable car fino a Fisherman’s Warf, una zona turistica piena di ristorantini, bar e negozietti. E’ una giornata splendida e l’aria profuma di Oceano.

Il lungomare è pieno di turisti e ci infiliamo nella mischia diretti al Pier 39 alla ricerca di Bubba, dal film Forrest Gump. Il Pier 39 è un ex molo cargo convertito per usi moderni ed è ancora più pieno di turisti ed attrazioni, sembra di essere in un parco a tema. Troviamo un ristorante di pesce chiamato, guarda te il caso, “Bubba Gump”! Su una panchina all’ingresso c’è addirittura un attore somigliante a Forrest Gump lì ad incontrare i turisti con tanto di scatola di cioccolatini!

Il ristorante però è troppo caro, ripieghiamo su una delle numerose alternative, anche se comunque non certo economiche. La parte sopravento del molo ospita diverse foche, anche se però un vento gelido ci fa allontanare dopo breve tempo. Il resto della giornata viene dedicato allo shopping presso Macy’s e un superstore della Levi’s.

Alla sera ci rimettiamo in strada, percorriamo il Golden Gate (!) e raggiungiamo la zona di Oakland. Finalmente trascorriamo la notte in un autentico Motel di camionisti, proprio come nei film, tutto su un piano solo, con una minuscola piscina in mezzo al parcheggio e le macchinette della Coca Cola vicino alla reception (avete presente “Io, me e Irene”?)

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5 Agosto 2006, Morro Bay, San Luis Obispo, Carmel-by-the-Sea, San Mateo, San Francisco

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Ore 8.00 tutti in piedi!

Prima cosa: prenotare a San Francisco, visto che la strada è lunga e la notte passata è stata, come dire, di rilevanza simbolica.

A San Luis Obispo abbandoniamo la Route 101 per prendere la “Pacific Coast Highway“.

La cittadina è davvero carina, con viali alberati, negozietti e ristorantini con giardino. Ci fermiamo da “McLintocks Saloon” dove gustiamo una colazione memorabile, a base di waffles, uova, miele d’acero e altre prelibatezze tipiche americane.

Al centro del paese c’è la missione, la quinta del Cammino Real, un espediente Spagnolo del ’700 per colonizzare la California con la scusa della dottrina cristiana. La chiesa e strutture annesse esistono tutt’ora e la mattina della nostra visita ha anche avuto luogo un matrimonio!

Rinvigoriti dall’abbondante pasto mattutino, proseguiamo lungo la Pacific Highway, una strada costiera dai panorami mozzafiato sull’oceano Pacifico.

A Morro Bay (poco distante da San Luis Obispo) facciamo una breve sosta per formalmente toccare il Pacifico. Proseguendo lungo la Pacific ci fermiamo in un paio di aree di sosta per cercare gli elefanti marini che pare frequentino le spiaggie della costa. Già al secondo tentativo troviamo due gruppi che diventano ovviamente oggetto di numerosissime foto. Nella stessa area di sosta conosciamo un gruppo di Riders con le loro Harley. Sono simpaticissimi e addirittura fanno fare un giro ad Alessandra!

Poco più avanti c’è Hearst Castle, una enorme villa dell’ononimo magnate della carta stampata, fonte di ispirazione per il personaggio di Charles Foster Kane nel film Quarto Potere. Non lo riteniamo tuttavia valevole del biglietto d’ingresso e proseguiamo verso nord.

L’ultimo paese che visitiamo lungo la Pacific è Carmel-by-the-Sea, un villaggio residenziale costiero particolarmente attraente per via dell’architettura fiabesca delle case, del verde e della splendida spiaggia. Anche qui il tempo è tiranno ed è oramai quasi tramonto. Riprendiamo la Route 101 ed arriviamo, a sera, a San Francisco.

Che Cisco sia nota per le aziende informatiche è presto evidente, visto che i centri direzionali lungo l’autostrada sfoggiano insegne luminose di Yahoo, Oracle, IBM, Symantec, Yahoo, eBay e anche Microsoft.

La cena presso il ristorante “BJ’s” di San Mateo è straordinaria, sia come qualità che come quantità. Ma verso mezzanotte il locale sta chiudendo. Scopriremo più tardi che i locali americani tendono a chiudere abbastanza presto e che cenare dopo le 9 è spesso impossibile.

Tornando a casa facciamo un breve giro in macchina di San Francisco. La città è pressoché deserta ed i passeggeri già dormono. E’ stata una giornata davvero lunga.

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4 Agosto 2006, Los Angeles, San Diego, Santa Barbara

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Oggi decidiamo di andare a S.Diego, visto che i bagagli arriveranno più tardi in giornata.

Eccoci quindi alle prese con le autostrade americane, larghissime, in cemento e con una infinità di corsie (solitamente 6). Scopriamo la magia della “car pool lane“, una corsia riservata alle auto con almeno due passeggeri. Ci tuffiamo a pesce, anche dove non è necessario. L’altra scoperta per tutti è il “cruise control” delle nostre auto, un semplice meccanismo che permette di guidare per lunghi tratti senza usare i piedi. Siamo come dei bambini a Natale e ci divertiamo un mondo con i nostri nuovi giocattoli!

In poco tempo raggiungiamo il lungomare di S.Diego e visto che a fianco del guidatore ero io a leggere la mappa, vengo da ora soprannominato “Navighetor“.

Grazie.

La città pare nuovissima, tutti i palazzi sono belli e scintillanti, così come le strade, i negozi, i giardini.

Sembra un parco di divertimenti, non una città!

Passeggiamo sul lungomare dove possiamo ammirare la portaerei “Midway” trasformata in museo, la “Seaport Village” che la guida dice non essere né un porto né un villaggio, ma d’altronde siamo in America! La “Gaslamp Quarter” è la zona più interessante, specie il centro commerciale dove ci infiliamo.

Abbiamo però poco tempo poiché abbiamo in piano di ritornare a Los Angeles lungo la strada costiera, che dovrebbe offrire dei panorami di tutto rispetto dalle parti di La Jolla. Purtroppo però, mentre pranziamo a base di “burritos” e “fish tacos”, veniamo informati che l’ufficio bagagli di LAX chiude alle 17.00. Ci lanciamo così alla volta di Los Angeles ripercorrendo la stessa autostrada dell’andata, ora piena di traffico. La “car pool lane” ci è di grande aiuto!

Nonostante i walkie-talkie, ci perdiamo di vista e prendiamo a girare per l’aeroporto alla ricerca dei compagni. Alla fine però ci ri-incontriamo e le notizie sono buone anche se non eccezionali: recuperiamo tutti i bagagli salvo quelli di Lussie.

Con un po’ di fatica (il gruppo si scompone già all’uscita dall’aeroporto) facciamo tappa a Beverly Hills, Rodeo Drive e la Walk of Fame.

Malvolentieri siamo obbligati a saltare Venice Beach e invece farci strada verso San Francisco.

Verso le 2.00 di mattina raggiungiamo un Motel sperduto dalle parti di Santa Barbara. La titolare sembra non voler scendere al di sotto di 25$ per la notte, nonostante abbiamo intenzione di dormire solo 5 ore! Alla fine riusciamo a contrattare il prezzo e tutti a nanna alle 3.00 di mattina.

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3 Agosto 2006, Malpensa, Los Angeles

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A Malpensa sono tra i primi e in assenza del coordinatore(pare partirà da Roma e ci incontreremo a Francoforte) vengo insignito del ruolo dell’”uomo con la busta”: nulla di particolare, devo portare una busta al coordinatore.
Chissà com’è che automaticamente divento l’espertone di tutto e tutti mi fanno domande, compresi quelli di altri gruppi… ma non nego che l’aria di autorità (puramente fittizia) in fondo non mi spiace. I contenuti della busta resteranno comunque un mistero fino alla coincidenza in Germania. Nel frattempo si forma e si presenta il gruppo viaggio.Giunti a Francoforte scopriamo che Lorenzo (il coordinatore) è su un altro volo e che ci vedremo oramai a LAX, al ritiro bagagli. Intanto però incontriamo Gianluca e Connie, arrivati da Roma. Anche loro con una busta ma ben più grande e pesante.

Uff.

Il volo verso Los Angeles è a dir poco strepitoso, specie per le splendide viste sulla Groenlandia e sugli Stati Uniti, dove riesco a riconoscere Las Vegas e i laghi salati della Death Valley.

Arrivati a Los Angeles scopriamo che mancano i bagagli a sette persone (praticamente la metà!) ma intanto finalmente conosciamo Lorenzo, divenuto oramai una figura mitologica e leggendaria viste le scarse informazioni che siamo riusciti a carpire nelle prime ore di viaggio insieme.

Dopo una infinità di tempo spesa al banco dei bagagli smarriti, prendiamo il bus navetta fino alla Alamo, dove ci attendono i nostri veicoli. Anche qui la procedura è lunghissima, complicata anche dal fatto che gli addetti cercano di farci fare un upgrade (ovviamente con sovrapprezzo) per avere dei veicoli migliori. Non ci interessa, le monovolume da sei posti già preparate vanno più che bene!

Non è finita.

Nell’uscire dal parcheggio Alamo la prima macchina viene bloccata al check-out. A quanto pare quel veicolo non era pronto e andrebbe quindi sostituito. Peccato che la sostituzione non è immediata (e tra l’altro i bagagli erano già stati caricati).

Finalmente dopo diverso tempo riusciamo a prendere possesso dei veicoli e farci strada verso il Motel.

Nel Motel ritroviamo un portiere notturno dal comportamento moooolto strano, sembra quasi ubriaco. Gli chiediamo suggerimenti su dove poter cenare e ci da alcune indicazioni. Peccato però che noi intendiamo arrivarci a piedi e che quindi cerchiamo qualcosa dietro l’angolo. Il portiere ci osserva con sguardo smarrito. A quanto pare a Los Angeles si gira sempre e solo in auto, ma fa niente, ci incamminiamo comunque.

Arriviamo a un fast-food che però è chiuso ai clienti “normali” mentre è invece aperto ai clienti “drivethru“. Bah. Accetteranno il nostro ordine allo spioncino del drive-thru?

No.

Decidiamo così di chiedere aiuto a un cliente in coda, che allega così al suo ordine per un burgher l’ordine di altri 8 menu. L’escamotage funziona!

Però da questo impariamo che a Los Angeles si fa tutto in auto, anche il fast-food. Interessante ma
strambo.

Inteneriti da un barbone che fruga tra l’immondizia, decidiamo di offrirgli una coca e un panino che comunque non avremmo mangiato. In cambio ottieniamo un incredibile sermone sul nostro destino, sul ruolo di Dio e di Gesù Cristo nelle nostre vite e di come noi, inconsciamente, siamo stati diretti dal Divino a regalargli questo pasto. Pure i barboni a Los Angeles sono strambi, ma comunque interessanti.

Vabbé, ce ne torniamo a casina.

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