17 Agosto 2006

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Da Cody iniziamo la nostra lunghissima traversata verso ovest alla volta di Chicago.

Dopo un errore di rotta dopo pranzo a Buffalo, WY, arriviamo all’ora del tramonto alla Devils Tower, un enorme monolite di origine vulcanica a forma di panettone, oggetto di culto di diverse tribù native.

La leggenda dice che sei ragazzine Sioux si ritrovarono accerchiate da orsi e il Grande Spirito, per salvarle, sollevò il terreno sotto i loro piedi.

I lungi e profondi graffi sui lati della Tower sono causate dalle unghie degli orsi che cercavano di salire a prenderle. Nessuno però ci ha saputo dire come le ragazzine in questione siano poi scese…

Per la notte siamo in un motel nella vicina Sundance la cui reception è un mausoleo di trofei di caccia imbalsamata. Suppongo che c’è chi le trovi interessanti ed attraenti, io vedo solo un gusto macabro.

TransAmericana Discovery 2006

16 Agosto 2006

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Il gruppo oggi si divide in vista della tappa serale a Cody, capitale del rodeo.

Mi unisco al gruppo che opta per un itinerario accelerato attraverso il parco per giungere a Cody nel tardo pomeriggio. Raggiungiamo Mammoth Springs e sforiamo seppur di qualche chilometro, nello stato del Montana.

Nel tardo pomeriggio arriviamo a Cody, in tempo per trovare dove pernottare e cambiarci e arrivare per tempo all’arena dello Stampede Park. Qui si tiene ogni sera lo spettacolo del Rodeo, con clown, cowboy e cowgirl che si sfidano nelle varie discipline del rodeo, con cavalli imbizzarriti e tori da catturare e legare.

Certo non uno bello spettacolo per i più animalisti, tuttavia lo show entusiasma anche chi non comprende le regole o tantomeno le difficoltà tecniche. Salvo forse vedere dei ragazzini di 12-14 anni distreggiarsi sui cavalli come se fossero delle biciclette. Che invidia.

TransAmericana Discovery 2006

15 Agosto 2006

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Proseguendo verso nord, lungo la valle del Jackson Hole, arriviamo a Yellowstone!

Qui ovviamente il campeggio è d’obbligo e nonostante i ranger colgano ogni opportunità per ricordarci della presenza di orsi famelici ed assassini, prepariamo il nostro campeggio. Prima però dobbiamo formalizzare la nostra prenotazione per poter aver diritto alle piazziole riservate ai gruppi numerosi.

Curioso però che la prenotazione, sebbene per la sera stessa, debba essere effettuata telefonicamente sfruttando i telefoni messi a disposizione a 50 metri dall’ufficio accettazione.

Gli americani ci tengono alle procedure.

La principale attrazione del parco, oltre allo splendido paesaggio montano, sono i geyser. E ce ne sono davvero molti, dal coloratissimo Grand Prismatic Spring al celeberrimo Old Faithful circondato di numerosissimi piccoli bacini di acque termali. Nonostante la pioggia rischi di rovinarci la serata, ci raccogliamo intorno al falò per gustarci una splendida grigliata tutti assieme.

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14 Agosto 2006

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Altro spostamento verso nord e dopo breve tempo eccoci finalmente in prossimità del Teton Range, presso la splendida cittadina di Jackson, Wyoming.

Ancora una volta si ha la sensazione di essere entrati per sbaglio in un set cinematografico, reminiscente di film e serial televisivi ambientati nel grande west, con bisonti, praterie e case fatte con tronchi d’albero. Certo Jackson capitalizza su questa sua caratteristica ed intrattiene i turisti con spettacoli in strada ambientati nel vecchio west. La risultante è un paese simpatico, vibrante e caratteristico.

Il vicino campeggio dove decidiamo di alloggiare ci sorprende tutti per la totale mancanza di servizi. Addirittura le docce mancano… al loro posto c’è un foglio informativo che indica la strada al campeggio più vicino (qualche miglio) e l’importo da corrispondere per avere diritto a questo bene di lusso.

E’ un viaggio discovery!“. Ma non tutti ridono. Anzi. Ceniamo in uno splendido ristorante dall’aria montana e trascorriamo la serata in un locale country. Stanchi e ubriachi non ci facciamo troppi problemi sulla sistemazione notturna.

Anzi.

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13 Agosto 2006, Arches National Park, Myton, Dutch John, Flaming Gorge

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La giornata di oggi viene dedicata al trasferimento verso nord, con una rapida visita all’Arches National Park e una breve sosta pranzo a Green River.

Ci fermiamo per una breve sosta a Myton, nello Utah, un paese di 539 abitanti!

Più il paese è piccolo, più veniamo accolti come fossimo delle celebrità giunte da chissà quale pianeta. Cercano di convincerci a passare la serata presso la loro festa di paese, ma come al solito abbiamo un programma severissimo, quindi via dritti fino a Dutch John dove nel buio piantiamo le nostre tende e trascorriamo una notte in un campeggio sotto gli alberi in riva al lago artificiale del Flaming Gorge.

Ancora una volta ci ritroviamo a voler cenare ad un’ora troppo tarda per gli standard americani (le 10 di sera?) e tutto quello che troviamo sono dei tramezzini pre-confezionati.

Il campeggio è simile ai precedenti: a strettissimo contatto con la natura, nella pace e nel silenzio più totale.

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12 Agosto 2006, Monument Valley, Moab

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La parziale delusione del Gran Canyon viene oggi ripagata da un paesaggio dalla indiscutibile ed unica carica emozionale: la Monument Valley.

Vi arriviamo presto la mattina, ci sono ancora pochissimi turisti e con tutta calma decidiamo il tipo di itinerario. La Monument Valley è gelosamente protetta dalle tribù Navajo ed è quindi vietato esplorare il sito in assenza di una guida indiana.

Poco male, alcuni di noi optano per il giro in jeep (più lungo) altri per il giro a cavallo (più corto ma senz’altro più genuino). I “monumenti” sono indescrivibili, così come le altre formazioni roccose fatte di pilastri, archi, covi e “butte” dai fianchi a strapiombo sul deserto. Questa volta davvero sembra di ritrovarsi in un enorme set cinematografico e sono numerosi i riferimenti a John Ford e Sergio Leone.

La nostra guida indiana (ho scelto l’itinerario con la jeep) ci porta a visitare le formazioni rocciose, raccontando giusto un paio di aneddoti per ciascuna, tipicamente relativamente alla loro somiglianza a profili umani, draghi, aquile e altro.

Ovunque troviamo banchetti di artigianato Navajo, sembra quasi una fiera…

Pranziamo appena fuori da un supermercato lungo la strada e poi ci dirigiamo verso Natural Bridges, un parco relativamente piccolo con degli archi in roccia scavati dall’erosione del fiume a valle. Un breve giro e poi dritti fino a Moab dove già sappiamo c’è un campeggio per noi. Il campeggio è ben diverso dai precedenti: ben più servito e praticamente compreso nella città.

Moab è una tipica cittadina del west americano: il centro è rappresentato dall’incrocio delle principali arterie stradali, con intorno i soliti locali di pernottamento e ristoro oltre che qualche negozio. Ceniamo in un diner e trascorriamo qualche ora in un saloon lì vicino.

La notte in campeggio non riserva particolari sorprese… meno male…

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11 Agosto 2006, Flagstaff, Grand Canyon, Kayenta, Bluff

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Parte del gruppo è partito all’alba alla volta di Flagstaff per cambiare la macchina visto che dalle parti di Bryce hanno preso una pietra che ha scheggiato il parabrezza.

“Scheggiare” sarebbe un eufemismo visto che il segno è grande più di una moneta da due euro…

Noialtri invece ci avviciniamo al Grand Canyon. Purtroppo il maltempo e il cielo coperto rovinano gran parte dello spettacolo al mattino, ma verso l’ora di pranzo, quando il gruppo si ricongiunge (per pura magia visto che i cellulari sono fuori copertura), possiamo godere di uno splendido panorama sulla valle.

Nuovi fortissimi rovesci però ci costringono a ritornare alle nostre auto e riprendere il cammino. Per qualche inspiegabile serie di eventi, riusciamo a perderci… e a ritrovarci… nonostante fossimo privi di mappe e di destinazioni già pianificate. Il gruppo è decisamente protetto da una buona stella!

Pranziamo a Kayenta in un diner con cucina Messicana. Il servizio è splendido, animato da una titolare (immagino) effervescente e simpaticissima.

Poi di nuovo sotto la pioggia fino a Bluff. Troviamo a fatica un motel a tarda notte e il proprietario, visto il gruppo, ci suggerisce di alloggiare in una casetta nel paese! Passiamo così una breve notte in una tipica casa americana, fatta di mattoni e legno. Confortevole ma allo stesso modo inquetante: sarà per il fatto che si chiama “Adam’s House” e ricorda scene di film horror-splatter?

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10 Agosto 2006, Bryce Park, Cameron, Glen Canyon, Kanab, Old Paria

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Bryce Park è un parco tutto sommato relativamente piccolo ed il punto più suggestivo è “Inspiration Point“.

Mai nome fu più appropriato.

Salendo verso il punto panoramico ci si ritrova su un ciglio dove improvvisamente il bosco si apre per dar posto ad una valle di strutture sedimentarie di un arancione fortissimo. Una scenografia da mozzafiato.

Per pranzo siamo a Kanab e poco dopo siamo a “Old Paria“, l’ennesimo tentativo nella ricerca di una autentica ghost town. Questa volta però siamo in un set cinematografico vero. C’è giusto il Saloon e un paio di altre case di legno vuote e l’atmosfera è quella di “mezzogiorno di fuoco” o innumerevoli simili situazioni western.

Lorenzo sfoggia con orgoglio il suo autentico cappello Stetson acquistato poco prima a Kanab.

Nel successivo tratto di strada, in prossimità della diga del Glen Canyon, veniamo nuovamente fermati dalle autorità. Questa volta per un eccesso di velocità di Anna. Anche qui tiratina d’orecchi e verbale, ma nessun esborso. Ci rendiamo però conto che è bene non esagerare con la velocità e che la segnaletica va osservata.

Intanto però ci avviciniamo al Gran Canyon e alle grandi riserve indiane Navajo. Per la notte siamo in un Motel all’interno della riserva, a Cameron, anche se si sperava in un campeggio. Scopriamo che le regole indiane vengono applicate anche ai turisti, quindi totale assenza di tabacco e soprattutto alcool.

Oltremodo, si scopre che determinare l’ora corretta non è così semplice come uno si aspetterebbe. Infatti sebbene siamo nel fuso orario “Mountain Time”, lo stato del Nevada non utilizza l’ora legale e risulta quindi sposata di un ora rispetto allo Utah. Però… la riserva indiana che si trova a cavallo tra i due stati invece sì… Vabbé, non saranno certo queste strane abitudini a fermarci!

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9 Agosto 2006, Zion Park, Dixie National Forest, Bryce Park

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Connie, Gianluca e Alessandra sono particolarmente su di giri stamattina. Hanno l’adrenalina a manetta e non fanno altro che parlare di… quanto hanno vinto ieri sera!?

Gianluca e Connie al Blackjack si sono ripagati un terzo della vacanza, Alessandra sebbene abbia chiuso in leggera perdita aveva totalizzato delle grandi vincite con la Roulette.

Ma Vegas è già alle nostre spalle e proseguiamo dritti verso nord per visitare altri parchi. Attraversiamo la Dixie National Forest e lo Zion Park, forse uno dei parchi più belli. Piccola nota dolente è stato il nostro primo incontro con le autorità locali. Per facilitare le nostre smanie di foto avevamo deciso di procedere con il portellone laterale aperto, cosa che non è piaciuta allo sceriffo che ci ha fermati ed ha stilato un verbale nei confroni di Connie (che in quel momento era alla guida).

Niente multa, fortunatamente, poiché secondo le regole americane la prima volta che commetti una infrazione del genere ottieni una “tiratina d’orecchi”. La seconda rischi il carcere. Non si scherza. Il parco successivo è il Bryce Park dove abbiamo la nostra prima esperienza insieme in campeggio. Il concetto di campeggio nei parchi americani non è proprio come lo immaginiamo. Innanzitutto l’amministrazione è al minimo. Il visitatore si deve preoccupare di scegliere la piazzola, segnarne il codice su una busta e all’interno della stessa mettere i soldi della quota. La busta finisce quindi in una colonnina di sicurezza e il ranger, più tardi, si preoccuperà di svuotarla. I guardiani volontari del parco fanno dei giri nelle ore serali per verificare che la procedura venga osservata da tutti.

Altra differenza è la disponibilità delle strutture a contorno. Per dire. Non ci sono docce né corrente alla piazzola né tantomeno illuminazione notturna. Le docce a pagamento possono essere raggiunte in auto (o mezz’ora a piedi) e comunque chiudono troppo presto per darci la possibilità di una bella doccia prima di dormire. La serata si conclude con una splendida grigliata tutti insieme.

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8 Agosto 2006, Dante’s View, Death Valley, Zabriskie Point, Golden Canyon, Bad Water, Belley, Las Vegas

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Zabriskie Point è chiusa alle auto ma Dante’s View (l’altra vetta panoramica sulla valle) è aperta e ci arrampichiamo, sempre in auto, mi raccomando, fino in cima.

Intorno a noi inizia ad albeggiare e l’aura mattutina delinea man mano i contorni delle montagne, delle rocce, della valle e del… deserto.

La Death Valley è comunque un parco nazionale e quindi denso di luoghi di interesse, ordinatamente segnalati a beneficio del turista. Gli americani ci tengono molto ai loro parchi, lo abbiamo potuto notare già presso lo Yosemite, e l’ordine e l’organizzazione è di altissimo livello ovunque. Passiamo da Zabriskie Point, facciamo una breve passeggiata nella Golden Canyon. Qui a tutti viene in mente la medesima scena di Star Wars, ovvero quando Luke Skywalker incontra per la prima volta Obi Wan Kenobi. Sentivamo su di noi gli occhi indiscreti degli Ewoks. Sarà il caldo che inizia a fare strano scherzi?

Bad Water è un lago salato e rappresenta il punto più basso del parco a 85 metri sotto il livello del mare. Conseguentemente è anche il punto più caldo, sebbene oramai 41°C non ci sorprendono più
di tanto.

Usciti dalla Death Valley entriamo nello stato del Nevada, diretti a Las Vegas. Superato di poco il
confine di stato ci fermiamo per un pranzo veloce ad una “gas station” di Belley. Apprendiamo però che in Nevada i tempi sono dilatati e così per sfornare 3 pizze ci vuole più di un’ora, per non parlare del tempo necessario alla cassiera per dividere il totale del conto per sei.

Usando la calcolatrice.

Questa è davvero la prima potenza al mondo? Escludendo una toccata e fuga a Rhyolite (una ghost town alquanto deludente), raggiungiamo Las Vegas dopo una tirata di diverse ore nel deserto. L’albergo che abbiamo prenotato è lo Stratosphere, sulla centralissima “Strip”. Vegas è proprio una città assurda, una metropoli nel mezzo del deserto, oppressa dal caldo e da un traffico che non si sa da dove inizia e dove finisce. C’è. Fa parte dello spettacolo?

Percorrere la Strip è come attraversare un set cinematografico. Intorno a noi solo alberghi che sembrano finti, come un enorme parco tematico. Anche la gente sembra finta, o perlomeno comparse nel film in cui siamo entrati. Nel parcheggio dello Stratosphere tocchiamo un nuovo record: 47°C. Ma è lo sbalzo di temperatura tra spazi chiusi e spazi aperti che rende il caldo particolarmente insopportabile.

Il resto del pomeriggio rimane abbastanza privo di significato visto che lo passiamo nella lavanderia dell’albergo tra lavatrici e asciugatrici che sembrano solo peggiorare lo stato pietoso dei nostri vestiti. Alla sera visitiamo un paio di casino (tra cui il Flamingo che si dice essere tra i primi nella storia della città) e ci fermiamo a mangiare un boccone nel Caesar’s Palace. Riusciamo anche a passare dal Bellagio (che a mio avviso non ha nulla a che fare con la cittadina sul lago) prima di crollare nelle stanze esausti.

TransAmericana Discovery 2006

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